pinacoteca civica Marco moretti



PINACOTECA CIVICA "M. Moretti"

C.so Annibal Caro n°24
62013, Civitanova Marche Alta

 



Annibal Caro (1507-1566)






- 4° Corso di aggiornamento
- Documentario
- Saggio "Ritratto di Annibal Caro" di Riccardo Scrivano
- Mostra "Annibal Caro e il suo tempo
- L'Eneide del Caro

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Il 6 giugno 1507 nasceva a Civitanova Marche Alta il poeta Annibale Caro. La ricorrenza del quinto centenario della nascita apre con la presentazione del documentario "Annibale Caro" un ricca e qualificata serie di celebrazioni che animeranno la Città di Civitanova, la Provincia di Macerata e le Marche.
La Regione Marche, con legge n. 17 del 15 dicembre 2006 e poi con decreto del Presidente della Giunta Regionale n. 34 del 23 febbraio 2007, ha approvato la costituzione di un Comitato promotore per le celebrazione del V centenario della nascita di Annibal Caro che, di concerto con il Comitato scientifico ha il compito di promuovere e divulgare l'opera dello scrittore. In quest'ambito
il Comune di Civitanova, Provincia di Macerata, la Regione Marche, la Pinacoteca Comunale Marco Moretti e i Teatri di Civitanova, alle ore 17,30 di mercoledì 6 giugno presenteranno, presso il teatro Annibal Caro di Civitanova Alta, il documentario "Annibale Caro" realizzato dall'Associazione Artesettima, finanziato anche grazie al contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Macerata. Prima della proiezione che porta alla luce la figura completa dell'intellettuale rinascimentale: scrittore, traduttore, poeta rimatore, filologo, commediografo sono previste le relazioni del professor Stefano Papetti e del professor Massimo Angelucci Cominazzini.
A tutti quanti interverranno alla manifestazione, alle Scuole e agli Enti Culturali saranno donati i libretti e il D.V.D. stampati per l'occasione.

Quinto centenario della nascita del poeta.

"Questo celebre italiano ebbe nascita a Città Nova nella Marca d'Ancona l'anno 1507, e l'ebbe da genitori l'anno 1507, e l'ebbe da genitori cui mancarono i mezzi di educarlo liberamente. Colla sola forza del suo ingegno si recò a tanto da poter entrare a' servigi di Luigi Gaddi, gentiluomo fiorentino, in qualità di maestro de' suoi figliuoli, e a passar pio al posto di segretario di Giovanni Gaddi fratello di Luigi. Questi condusse seco a Roma, teatro allora di uomini segnalati, ed ivi s'innamorò ben presto delle lingue dotte e delle più forbite lettere, non senza acquistarne uno squisito intendimento delle arti belle. Mancato di vita il Gaddi, l'anno 1543, potè due anni appresso entrare al servigio della illustere casata Farnese, la cui protezione gli procacciò migliore fortuna e mezzi da satisfare la passione che gli si era appiccata per lo studio della nemismatica e dell'antixhità; ma lo studio che con grande predilezione coltivare piaceagli era quello della lingua nativa, per cui pervenne ad acquistarsi fa ma di scrittore nitido ed elegantissimo sì verso che in prosa. Di non poche distinzioni gli fu pertanto cagione il servigio ch'era obbligato a prestare a Pier Luigi Farnese duca di Parma, il quale lo trovò atto a sostenere onorifiche missioni, e tale si fu quella ch'ebbe pel marchese del Vasto generale di Carlo V e suo governatore in Milano, e molto più quella per l'imperatore medesimo, accampato allora coll'esercito in Fiandra. Spento Pier Luigi, per congiura scoppiata il dì 10 settembre 1547, potè Annibale sottrarsi colla fuga da grave pericolo, ma ristabilitisi poi in Parma i figli dell'assassinato principe, cioè il duca Ottavio, e i due cardinali Alessandro e Rannuccio, nacque fra questi amichevole gara di stima verso Annibale; e Rannuccio il volle dal duca, e poscia Alessandro il tolse a Rannuccio, lo ricondusse seco a Roma e seco lo tenne durante tutta la vita, ricolmandolo di proventi e di onorificenze, sin ad ottenergli l'illustre grado di commendatore di grazia dell'ordine Gerosolimitano ad onta della bassezza de' suoi natali. Ma queste cose non riuscirono mica senza spine. Le commende gli furono sorgenti di frequenti piati, ed avendo nel 1558 Solimano imperatore de' Turchi discacciati da Rodi i cavalieri, ed avendo il Caro rifiutato di portarsi a difendere la prima sede dell'Ordine, dovette convertire l'opera sua in tali pucuniari sussidi che a ben poco ridussero la sua fortuna. Anche altra guerra di ben altro genere, ma clamorosa e accanita, servì a turbare la serenità de' suoi giorni; e tale fu la controversia famosa ch'ebbe a sostenere con Lodovico Castelvetro per difesa di una sua canzone in lode della casa reale di Francia, che comincia Venite all'ombra de' gran gigli d'oro. Essendo stata esaltata in Roma come cosa divina, tale al Castelvetro non parve, e ne fece aspre censure che mise a stampa. N'ebbe il Caro rancore e lo sfogò nella sua Apologia degli Accademici di Banchi, che'è miniera di bellezze di lingua, di contumelie e fors' anche di lambiccati concetti. Il Castelvetro iterò con sue risposte le ingiurie, e il Varchi pure entrò in lizza a difesa di Annibale col suo Dialogo delle lingie. Si rimprovera al Caro il grave torto di avere accusato il suo avversario al tribunale d'inquisizione del sant'Officio, per lo che venne costretto a spatriare ed a condurre ramingo e tapino tutto il resto della sua vita. Il Muratori in offesa, il Fontanini e il Seghezzi scrissero in difesa di Annibale, e da ultimo il Tiraboschi parve ch'egli non vada indenne dal torto di avere molto contribuito alla disgrazia del suo avversario. L'eccesso dell'ira, saggiamente qui pronunzia il Corniani, accomuna colla plebe più indisciplinata quegli uomini che per l'eccellenza dei loro talenti ne dovrebbero essere più segregati.
Abbattuto Annibale più da' disagi della salute che da quei dell'età, ottenne di essere sollevato dal peso della segreteria, e riuscì finalmente a poter condurre riposata vita, ch'egli passava alla bella stagione in una casa di campagna a Frascati, occupandosi quivi delle sue medaglie, riordinando i suoi scritti, e meditando di date all'Italia un poema epico che provasse essere la nativa favella ricca di tutte qualitadi proprie della epopea; e ciò contro l'avviso di qualche letterato suo contemporaneo. Incominciò per suo esercizio dal volgarizzare l'Eneide in verso sciolto, e tanto fu il piacere che gli fruttò questa fatica, che lasciato il primo proposito, la condusse a fine, meritandosi la riconoscenza degli Italiani con un'opera impareggiabile, e lasciando così a Torquato il campo aperto per cogliere, come poi fece, la prima palma dell'epica palestra. Continue infermità logoravano intanto la vita di Annibale che, tornato a Roma, ivi chiuse i suoi giorni il dì 21 di novembre 1566; fu ivi sepolto a' ss. Lorenzo e Damaso, ed ivi onorato di busto e di decorosa iscrizione.
Tutti i biografi ci dipingono il Caro come uomo costumato e verecondo, grazioso ed amabile in società, cultore sincero delle amicizie ed esperto nel maneggiare ogni più spinoso negozio. Servendo ai tempi e al bollore degli anni scrisse di buon'ora qualche poco castigato opuscolo, che per altro mai non vide la luce con suo assoluto consenso. La sua Apologia contro Castelvetro, di cui si fece menzione, è l'opera unica pubblicatasi di sua volontà per la prima volta a Parma nell'anno 1558, ed ogni altro suo scritto venne a luce postumo: e così si fu della commedia intitolata gli Straccioni, e delle versioni di due Orazioni di Gregorio Nazianzeno, del primo Sermone di s. Cecilio Cipriano, di alcune Lettere di Seneca, della Rettorica di Aristotile, delle Cose pastorali di Logo, e della Eneide la quale, siccome modello, se non di fedeltà, almeno di grazia e di perfezione di stile, procacciò al suo nome fama immortale.
Dobbiamo a Paolo Manuzio la lode di essere stato il primo a raccogliere e pubblicare le sue Rime e le sue Lettere. - Delle sue opere si fecero poi copiose e più accurate edizioni".

Archivio Storico di Civitanova Alta. Biblioteca antica.
"Lettere scelte di Annibal Caro ad uso della gioventu'". Milano.
Stabilimento Tipografico dell'Editore Francesco Pagnoni, 1871.

Una lapide in cotto fu fatta porre sulla facciata interna della casa del poeta Annibal Caro dal conte Pietro Graziani nel 1772.
La lapide così recita:

Hannibalis Cari domus haec
Quo sospite pallas
et Musae et Charites
incoluere Deae

L’epigrafe viene tradotta nel 1943 dal poeta Salvatore Quasimodo:

Questa è la casa di Annibal Caro,
dove felicemente abitarono Pallade
e le Muse e le Grazie.





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Annibal Caro.
Cinquecentenario della nascita (1507-2007)

Elaborazione di un' opera di Arnoldo Ciarrocchi " Il Convivio" 1977.
5 marzo 2007.
ANNIBAL CARO E IL SUO TEMPO.
Relatore Prof. Lucia Tancredi

Ha preso il via Lunedì 5 marzo 2007, alle ore 15.30, presso la Sala Consiliare, palazzo della Delegazione di Civitanova Marche Alta, il quarto corso d’aggiornamento sulla storia ed i beni culturali di Civitanova Marche, promosso dalla Pinacoteca Civica “Marco. Moretti”, dai Teatri di Civitanova e dall’assessorato ai servizi formativi ed educativi del Comune. Cadendo, proprio in questo anno il cinquecentesimo anniversario della nascita di Annibal Caro, il corso è stato articolato interamente attorno alla sua figura.
La prof.ssa Lucia Tancredi, nel corso di una ampia e dotta relazione, ha collocato la figura di Annibal Caro nel contesto storico in cui si trovò a vivere e ad operare. Le nuove rotte commerciali avevano provocato una grave crisi inflazionistica. Le città si riempivano di mendicanti. L’Italia del Cinquecento, stante la sua debolezza politica, era il territorio privilegiato per le mire espansionistiche del re di Francia Francesco I, contrastato nel suo disegno dall’imperatore Carlo V.
Civitanova Alta, dove Annibal Caro nasce, è una piccola cittadina nella quale dominano le famiglie nobili del tempo, tra le quali quella dei Centofiorini. E’ proprio Celanzia Centofiorini la mamma di Annibal Caro. Il padre è un aromatario, venuto dal paese di Montegallo. Posizione solida la sua; la famiglia di Annibal Caro è annoverata tra quelle più in vista. Ben presto però, proprio per la crisi sopraggiunta, la famiglia cade in rovina. Ad Annibal Caro già grande, formato alla scuola umanistica del teramano Rodolfo Iracinto, si impone una scelta. Cosa fare dal momento che non può più vivere di rendita? Sceglie tra tutte le professioni del tempo quella del Cortigiano, già codificata nel 1528 nello scritto di Baldassar Castiglione. L’unica corte che può assicurare protezione è la curia pontificia. Si va verso una clericalizzazione del cortigiano ma è un segno dei tempi, tutte le altre corti rinascimentali sono sul viale del tramonto. Il cortigiano è una sorta di burocrate, è l’anello di congiunzione tra il signore per il quale uno presta servizio ed i suoi amici o nemici. Compito delicato quello del cortigiano, Annibal Caro sa tutto questo sia quando a Firenze stringe amicizia con Luigi Varchi che lo introduce presso la nobile famiglia dei Gaddi, di cui Annibal Caro conosce, prima Giovanni, poi Luigi. Con quest’ultimo approda a Roma alla corte dei Farnese dai quali avrà onori ed incarichi: missioni diplomatiche, lunghi soggiorni in Francia ed alla corte di Carlo V e quando Pier Luigi Farnese ottiene il ducato di Parma e Piacenza lo segue nella nuova città. Nel 1547, dopo la morte di Pier Luigi Farnese, ucciso dai congiurati, Annibal Caro rientra a Roma ed entra definitivamente a far parte della corte di Alessandro Farnese. Può ora dedicarsi con più comodità ai suoi studi, alla sue ricerche archeologiche, alle sue collezioni numismatiche ed agli interessi artistici. Nel ’55 ottiene la Commenda dell’Ordine di Malta, da lui ripetutamente sollecitata per il prestigio sociale ed i vantaggi economici che essa comportava.
Un lato del carattere di Annibal Caro non del tutto esplorato è quello che fa dell’illustre uomo di lettere una sorta di giullare, entro i limiti consentiti dal rigido cerimoniale che conveniva ad un Cortigiano del suo rango. Stringe amicizie con persone sospette, soprattutto quelle dell’ambiente napoletano, entra a far parte dell’Accademia dei Vignaioli. E’ un professionista coscienzioso, ma anche cavallo pazzo che non si piega facilmente a certi cliché in voga nel suo tempo. Nell’attività poetica prende le distanze da Pietro Bembo di cui non sposa affatto il rigido petrarchismo, ma si avvicina al manierismo di cui apprezza le iperboli, le metafore e le similitudini, prova ne sia il suo Canzoniere ricco di queste figure retoriche. Anche nella traduzione dell’Eneide, iniziata come ebbe a dire lui stesso per “ischerzo e fantasia” ci mette molto di più di quanto ci sia nel testo latino. Ciò che gli interessa aggiungere in questa sua libera traduzione è tutta quella “ciarpa”, come ebbe a scrivere in una sua lettera indirizzata ad un amico, frutto della sua fantasia e creatività. Annibal Caro è un po’ in questo suo lavoro l’uomo post moderno che rilegge, chiosa, riscrive ciò che è stato scritto, passandolo attraverso il filtro della propria personalità.

Prof. Raimondo Giustozzi

12 marzo 2007
ANNIBAL CARO: DAI DOCUMENTI AL DOCUMENTARIO.
Prof. Massimo Angelucci Cominazzini.

Relazione più tecnica, quella del Prof. Massimo Angelucci Cominazzini, docente presso l’Accademia di Belle Arti di Macerata, dipartimento montaggio documentari e film, tenuta Lunedì 12 Marzo, alle ore 15.30, sempre presso il palazzo della Delegazione Comunale di Civitanova Alta.
In epoca non sospetta, nel 2003, quando i festeggiamenti per i cinquecento anni della nascita di Annibal Caro erano ancora di là da venire, il professore aveva iniziato i lavori per un documentario su alcune figure di illustri marchigiani, tra i quali, oltre a Pietro Paolo Floriani, di Macerata e Ciarrocchi, di Civitanova, aveva inserito anche Annibal Caro. Il backstage realizzato dalla sua troupe è stato girato a Caprarola, a Frascati, luoghi nei quali si esplicò l’attività di Annibal Caro e nell’Asola presso la casa di Arnaldo Ciarrocchi. L’intento del documentario è quello di trattare i documenti scientifici, cartacei o d’altra natura, attribuendo ad essi un fine diverso. Il documentario nasce dal cinema che è un insieme di parole, immagini in movimento e musica. I documenti ripresi e fatti propri dal documentario cambiano di segno. Nel documentario si vuol comunicare qualcosa al grande pubblico che non sempre è quello della carta stampata. In questo mezzo di comunicazione ci sono documenti, ma anche fiction, interpretazione libera del regista, in un quadro di aderenza e di fedeltà ai documenti utilizzati.
In un documentario, come nel cinema sono importanti tutte le fasi di preparazione prima delle riprese vere e proprie e del set cinematografico. Una di queste fasi è la sceneggiatura che viene stesa a tavolino. Una stessa sceneggiatura data in mano a cinque diversi registi, produce cinque diversi film o documentari perché in questo tipo di comunicazione visiva e sonora, importante è l’interpretazione del regista. Annibal Caro, possiamo dire, quando scriveva come dovevano essere affrescate le stanze del palazzo di Caprarola destinate al cardinale Farnese, scriveva minuziosamente come, cosa dovevano dipingere i pittori incaricati di trasformare in immagini visive quello che lui aveva scritto a parole. Il suo interlocutore del momento era il pittore Taddeo Zuccari, anche lui marchigiano, incaricato degli affreschi. Floriani, Zuccari, Annibal Caro, Ciarrocchi, sono tanti i marchigiani che sono diventati famosi fuori dai confini regionali. Floriani, ingegnere militare presso le più alte case regnanti europee venne chiamato a rifortificare la fortezza di Malta dopo l’assedio dei Turchi. La prima cinta muraria era stata costruita dall’ingegnere Laparelli di Cortona. Cinge la città di una seconda cinta muraria distante dalla prima circa tre chilometri, una terra di nessuno nella quale si poteva prendere di infilata gli assalitori che avanzavano allo scoperto. Ora, questa porzione di terreno è diventata una cittadella nella città, chiamata appunto Floriana, come la capitale La Valletta, in onore del Gran Maestro dell’Ordine di Malta Frà Jean de la Vallette. Nella costruzione di un documentario è il punto di interpretazione, quello che cambia rispetto ai documenti che di per se stessi sono freddi, un po’ come i pesci allineati sul banco del pescivendolo. E come non si può scrivere la storia con forbici e colla, al modo vagheggiato dai positivisti, tagliando i documenti ed incollandoli sulla carta, così non si può fare un documentario allineando i documenti uno dopo l’altro per impressionarli sul nastro o su supporto digitale. Sarebbe un documentario arido e freddo, annoierebbe da morire il fruitore. Come nella storia è importante il punto di partenza, l’ipotesi fatta da chi si accinge a scrivere, così è per il documentario, importante è l’interpretazione di tutta la massa documentaria di cui uno dispone, farsi conquistare dal materiale, ma non lasciarsi mai condizionare dallo stesso. Annibal Caro, quando scriveva come dovevano essere dipinte le stanze private del cardinale nel palazzo di Caprarola suggeriva i temi: l’Aurora, la Notte, l’Alba e finanche i colori che il pittore avrebbe dovuto usare. Quest’ultimo, quando dipingeva, metteva in atto quello che Annibal Caro aveva scritto, ma ci metteva anche molto del suo. Questo lo si può notare chiaramente quando la committenza dei lavori di pittura passò nelle mani di diversi pittori, a seguito della morte di Taddeo Zuccari. Pur rifacendosi tutti agli scritti di Annibal Caro, ognuno interpretò secondo un suo punto di vista quello che aveva letto negli scritti.

Prof. Raimondo Giustozzi.

19 marzo 2007
LETTERE BURLESCHE: “CAPRICCI".

Prof. Tiziana Temperini.

Personaggio inquieto e anticonformista Annibal Caro, questo l’identikit delineato dalla dott.ssa Tiziana Temperini nel corso della terza conferenza dedicata all’illustre letterato civitanovese, Lunedì 19 Marzo 2007, dalle 15.30 alle 18.30, presso la sala della Delegazione Comunale di Civitanova Alta. Fuori dai soliti cliché dell’uomo di corte impegnato a coltivare la discrezionalità, la piacevolezza, la cautela, la compostezze e la prudenza, virtù che si addicevano al perfetto cortigiano così come delineato da Baldassar Castiglione, Annibal Caro nascondeva un’altra personalità fatta di facezie, scherzi, mattane che irrompevano ogni volta che l’uomo era di umore nero. E’ un lato della personalità che trapela nelle lettere di Annibal Caro, che costituiscono uno dei più importanti epistolari del ’500. Sono 850 lettere che spedisce ai più svariati uomini e donne del tempo con i quali era in rapporto di amicizia e di frequentazione, tra tutte Giulia Gonzaga della quale aveva frequentato la società letteraria napoletana. Assente da Civitanova Alta era comunque in contatto con le famiglie più importanti della città verso la quale si adoperò non poco per esentarla dal pagamento dell’imposta alla Camera Apostolica, date le alte conoscenze che aveva presso la Curia Romana. Si propose più volte quale mediatore ogni volta che a Civitanova si aveva bisogno del suo intervento per comporre le discordie e le lotte all’interno delle fazioni cittadine. Non disdegnava di ritornare di tanto in tanto a Civitanova anche per curare da vicino i suoi beni: la casa natale, un’altra casa, con orto, cisterna e colombaia presso porta Girone, un forno, nel medesimo quartiere, una bottega aromataria, veri terreni in contrada Cicciarina, un terreno in contrada “Fontis lactis”, tutti beni che aveva in comproprietà con gli altri due fratelli, Giovanni, Fabio ed una sorella.
Annibal Caro aveva voluto e scelto la carriera del Cortigiano. Sapeva bene che questo comportava di uniformarsi alle richieste dei signori che furono di volta in volta i Gaddi, il Guidiccioni, i Farnese ai quali offriva i propri servizi, ma verso i quali non ebbe mai buoni rapporti. Era anzi spesse volte scontento. Amava ripetere che il suo lavoro era quello di “tirare la carretta”, servire, patire e tacere. Era conscio di dover sacrificare la propria libertà in cambio della protezione ed anche di una discreta agiatezza. Di tanto in tanto però tirava fuori l’anticonformismo e la propria bizzarria anche se manifestati in ambiti ristretti, legati ai circoli delle Accademie, tra tutte, quella “Della Virtù” alla quale facevano riferimento altri intellettuali del tempo: Claudio Tolomei, Francesco Maria Molza, il Porrino ed altri “padri virtuosi” i quali beffeggiavano ed indirettamente contestavano, non solo i generi e gli schemi tradizionali, ma anche e soprattutto i miti e gli ideali del classicismo, voluti dal Bembo. L’Accademia della Virtù, tutto era tranne un sodalizio dove si praticavano le virtù della moralità, e dell’integrità , ma era un ambiente nel quale le discussioni serie si alternavano a passatempi frivoli e a piaceri erotici. E’ proprio in questo contesto che nascono le cosiddette opere minori del Caro: la Nasea, la Ficheide, la Statua della Foia, opere nelle quali Annibal Caro dà libero sfogo alla propria fantasia e scrive tutto quello che mai avrebbe potuto proporre negli ambienti paludati delle corti che lui frequentava come servitore di chi gli dava cariche ed onori. La caricatura, il gusto per l’inverosimile, la licenziosità sboccata prendono il sopravvento in un crescendo di fuochi pirotecnici e danno del Caro un’immagine diversa da quella dell’uomo di corte. Sono “Capricci” e fantasie che trovavano nel Berni il principale ispiratore e come nel caso del più noto intellettuale e comune referente dei Virtuosi, anche in Annibal Caro, queste opere sono la manifestazione letteraria ed esistenziale di un cortigiano che aspirava ad un’impossibile indipendenza intellettuale e credeva di averla trovata nella vita gaia e godereccia di storie del tutto inventate, ben lontane dalla vita quotidiana fatta di umili servigi resi ai potenti del tempo.

Prof. Raimondo Giustozzi.

 

26 marzo 2007. ANNIBAL CARO E LE ARTI FIGURATIVE.
Prof. Stefano Papetti.

Lunedì 26 Marzo 2007 ha chiuso in bellezza anche il quarto corso d’aggiornamento sulla storia ed i beni culturali di Civitanova Marche. Il prof. Stefano Papetti ha tenuto desta l’attenzione dei molti presenti convenuti nella sala della Delegazione Comunale di Civitanova Alta con una dotta relazione su “Annibal Caro e le arti figurative”. Tra queste ultime: pittura, scultura, architettura e le cosiddette arti liberali, tra le quali spiccava la letteratura, c’era un abisso per tutto il corso del Medioevo. Una mentalità comune poneva le prime in un gradino infimo rispetto alla letteratura. Pittori come Giotto ed Ambrogio Lorenzetti, quando dipingevano, l’uno la Cappella degli Scrovegni a Padova, l’altro l’Allegoria del Buon Governo a Siena, avevano bisogno di consulenti esterni che sapevano riferirsi con dovizia di particolari alla Repubblica di Platone o ad altre opere classiche, fonti ed ispiratrici delle opere d’arte cosiddette minori. Nel corso del 1400 il rapporto tra letteratura ed arti figurative inizia a cambiare e la distanza tra i due universi di pensiero si va accorciando. Nel colmo del ‘500 si annulla del tutto grazie alla figura di Giambattista Alberti che era letterato, pittore ed architetto.
Annibal Caro tratta con i pittori e gli scultori del proprio tempo ed ha con loro un rapporto paritetico, anche se in alcune lettere sembra trasparire una maggiore considerazione per la pittura a discapito della scultura. In una lettera del 1538 indirizzata alla scultore Nicolò Tribolo che aveva decorato gli spazi esterni del giardino di Boboli a Firenze, lo saluta alla “scultoresca” lasciando trasparire in questa espressione un tono familiare che non si trova invece nelle lettere indirizzate ai pittori. C’era ancora una gerarchia ben precisa tra le due arti figurative. Era il contrasto già evidenziato tra Raffaelo e Michelangelo, il primo che lavorava contornato anche dalla allegra brigata di donne e di amici, il secondo invece costretto a lavorare da solo con il sudore che gli colava sulla fronte e con le mani sporche di gesso, marmo o di altro materiale usato per la creazione delle proprie opere d’arte.
Le lettere che Annibal Caro spedisce invece a Giorgio Vasari o a Taddeo Zuccari sono di un tono superiore, anche se con il secondo c’era un rapporto di confidenza e d’amicizia cementato anche dal fatto che ambedue erano di origine marchigiana. Annibal Caro aveva un rapporto di grande familiarità con Giorgio Vasari che aveva decorato gli interni del Palazzo Vecchio a Firenze, con l’apporto di Benedetto Varchi, il grande letterato del tempo. Taddeo Zuccari era originario di Sant’Angelo in Vado; di famiglia nobile, trasferitosi a Roma, si ritaglia un ruolo di primo piano nella città eterna, chiamato a decorare la residenza dei Farnese a Caprarola e precedentemente da Felici Orsini per le decorazioni nei giardini di Bomarzo.
La famiglia dei Farnese era originaria di Viterbo, grandi proprietari terrieri. Il termine Farnese sembra che derivi dalle farnie, i boschi di querce di cui è ricco tutto il territorio attorno a Viterbo. La casata raggiunge l’apice della notorietà con l’elezione di Paolo III a Papa sul trono pontificio. Sangallo e Michelangelo vengono chiamati a progettare e a decorare il palazzo Farnese a Roma. L’architetto Andrea Sangallo viene successivamente incaricato di progettare a Caprarola, nel viterbese, una struttura militare, una sorta di fortezza che fosse a presidio e controllo della regione. La costruisce a forma pentagonale. In corso d’opera, viene chiamato l’architetto Iacopo Barozzi, detto il Vignola perché nativo della città modenese, il quale crea un accesso scenografico alla residenza di Caprarola con un sistema di rampe a tenaglie e costruisce all’interno un cortile di forma circolare. Il risultato della costruzione, chiamata impropriamente Villa Farnese o Palazzo Farnese è un ibrido: l’esterno ha l’aspetto di una vera e propria fortezza, l’interno invece va assumendo nel corso degli anni un aspetto sontuoso, nella decorazione del quale vengono chiamati i più famosi artisti del tempo, finanche El Greco che prima di approdare definitivamente in Spagna a Toledo, transitando per Roma, lavora anche a Caprarola. Taddeo e Federico Zuccari lavorarono soprattutto al piano nobile della villa Farnese di Caprarola. Annibal Caro suggeriva a Taddeo Zuccari i temi da riprodurre, collegando eventi storici reali che avevano per protagonista la famiglia dei Farnese ad eventi mitologici. Tanta era la familiarità che i due marchigiani avevano l’uno verso l’altro che il Caro si permetteva di suggerire a Taddeo Zuccari che cosa dovesse dipingere, quali colori utilizzare e come utilizzarli. I suggerimenti si spingevano anche nell’indicare che cosa mettere negli spartiti o spazi bianchi nelle volte del soffitto. Annibal Caro si può dire che sia stato l’ultimo letterato che ha affiancato pittori e scultori nella realizzazione pratica delle loro arti figurative. Va riconosciuta a lui la capacità di aver intuito che le immagini potevano essere uno strumento unico per celebrare i fasti di una famiglia nobile e potente quale era quella dei Farnese. Anticipa quella civiltà delle immagini di cui noi oggi sappiamo cogliere anche gli aspetti deteriori. Ventisette anni dopo la morte del figlio più illustre di Civitanova Marche, avvenuta nel 1566, non sarà più così. Pittori e scultori faranno tutto da soli, grazie alla pubblicazione del 1593 di un trattato pubblicato da Cesare Riva e ristampato nel 1603, manuale nel quale veniva descritto fin nei particolari come rappresentare la mitologia classica e quali scene raffigurare. Federico Zuccari, il fratello di Taddeo, non seguirà più i suggerimenti di Annibal Caro e questo è ben visibile nelle pitture successive della villa Farnese a Caprarola. Si può però ben dire con certezza che molto del lavoro, anche se riportato su scala ridotta, continuerà nel palazzo di città, di Giovan Battista Pallotta di Caldarola, nel quale opererà anche Antonio Tempesta affiancato da un letterato se pur di minore fama di Annibal Caro, lo stesso Tempesta che aveva lavorato a Caprarola. Il palazzo dei Pallotta di Caldarola ospiterà dal 4 Aprile p. v. la grande mostra di Simone De Magistris curata da Vittorio Sgarbi. La visita alla mostra ed al palazzo è un motivo in più per onorare questi grandi del passato che hanno fatto grandi le Marche fuori dalle Marche.

Prof. Raimondo Giustozzi

 


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Annibal Caro.
Cinquecentenario della nascita (1507-2007)

Presentazione del documentario "Annibale Caro", regia di Massimo Angelucci Cominazzini, relatore Stefano Papetti.
Teatro Annibal Caro, mercoledì 6 giugno 2007, ore 17,30, Civitanova Marche Alta.
Il progetto è stato patrocinato da:
Regione Marche, Provincia di Macerata, Comune di Civitanova Marche, Fondazione Cassa di Risparmio di Macerata, Accademia Belle Arti Macerata, Mediateca delle Marche, Federazione Italiana Circoli del Cinema, Azienda Speciale Teatri di Civitanova, Pinacoteca Comunale "Marco Moretti".

 


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Presentazione del saggio di Riccardo Scrivano con prefazione di Marcello Verdenelli.
Teatro Annibal Caro di Civitanova Marche Alta il 7 novembre 2007, alle ore 17,30.
Villa Cola di Macerata (Università di Macerata) 8 novembre 2007 alle ore 9,30.
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"Annibal Caro visse gli anni cruciali del Cinquecento e fu la sua una presenza tale da mettere in gioco tutta la visione che del secolo i tempi successivi poterono formare. Nacque nel 1507 e morì nel 1566. Visse dunque 59 anni ebbe una vita varia e intensa, fitta di incontri, di amicizie e inimicizie, comunque di iniziative e di opere, anche se non veramente avventurosa salvo qualche episodio più fortunoso. Fu in complesso l'esistenza di un intellettuale vivace non solo in gioventù, di letterato esperto dei vari e numerosi fattori della letteratura dall'antichità greco-latina a quella del suo tempo."
Riccardo Scrivano


 


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A cinquecento anni dalla nascita del suo figlio più illustre, Civitanova Marche celebra Annibal Caro con una mostra allestita presso la chiesa di San Francesco, curata da Giulio Ferroni, Stefano Papetti e Marcello Verdenelli: un luogo particolarmente suggestivo, dove la famiglia della madre di Annibale, Celanzia Centofiorini, aveva la sua cappella funeraria ed i Caro il loro banco per assistere alle cerimonie religiose.
Il progetto espositivo, ideato da Enrica Bruni e Stefano Papetti, si articola in cinque sezioni che illustrano la vita, l’attività letteraria, l’iconografia antica e moderna ed i rapporti che il Caro intrattenne con la famiglia Farnese. Un agile percorso, arricchito da proiezioni di filmati che mostrano i luoghi in cui visse ed operò il poeta, consentirà di immergersi nella vita delle corti italiane del Rinascimento, il cui fasto è evocato nella mostra attraverso ritratti di parata, come quello del cardinale Alessandro Farnese eseguito da Scipione Pulzone, e da oggetti preziosi, come i rari piatti in maiolica turchina appartenuti allo stesso cardinale.
Amico di molti artisti famosi ( Vasari, Tribolo, Taddeo Zuccari...) e consapevole che la trasmissione della propria immagine gli avrebbe garantito una maggior fortuna fra i posteri, Annibal Caro si fece ritrarre da pittori e scultori che ci hanno tramandato la memoria del suo volto austero, effigiato anche dall’artista recanatese Antonio Calcagni nel bel busto oggi al Victoria and Albert Museum di Londra. Vari dipinti provenienti da collezioni pubbliche e private italiane mostrano le fattezze del Caro, la cui immagine viene spesso ripresa, sul finire dell’Ottocento, in vari cicli destinati a celebrare i personaggi illustri del Maceratese ( Domenico Bruschi nel Palazzo provinciale di Macerata, Ulisse Ribustini nella residenza comunale di Civitanova) o nei monumenti che lo ricordano a Civitanova e a Roma. Ma Annibal Caro è stato anche il soggetto prediletto da uno dei protagonisti dell’arte italiana del XX secolo, il pittore civitanovese Arnoldo Ciarrocchi che in più occasioni lo ha raffigurato in contesti assai diversi, ma sempre legati al ricordo della città natale.
Rare edizioni a stampa delle sue opere, spesso corredate da incisioni, saranno esposte in occasione della mostra, grazie alla disponibilità di varie biblioteche marchigiane che conservano gelosamente gli scritti di Annibal Caro cosicchè, nell’ambito del progetto elaborato dal Comitato per le Celebrazioni Cariane, l’esposizione si configura come un momento di riflessione sul ruolo dell’intellettuale nell’ambito delle corti rinascimentali.

La mostra "Annibal Caro e il suo tempo" sarà inaugurata sabato 9 agosto 2008 alle ore 18,30 presso il teatro storico Annibal Caro di Civitanova Marche Alta e chiuderà i battenti domenica 9 novembre 2008.

L'ingresso alla mostra è libero.
Saranno organizzate su prenotazione visite guidate gratuite per gruppi di almeno 5 persone e per le Scuole di ogni Ordine e Grado.

Gli orari di apertura per i mesi di luglio e agosto fino a domenica 7 settembre sono:
da martedì a domenica dalle ore 18,00 alle 23,00. Chiuso il lunedì se non festivo.

Dal 9 settembre al 9 novembre la mostra sarà aperta nei giorni di venerdì, sabato e domenica dalle ore 17,00 alle ore 20,00.
Verranno, per le Scuole, effettuate al mattino, dalle ore 9,00 alle ore 13,00, tutti i giorni, eccetto la domenica, visite guidate su prenotazione.

La mostra "Annibal Caro e il suo tempo" gode del Patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Mibac e del Patrocinio del Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca.

Con il contributo di:
Regione Marche, Provincia di Macerata, Banca di Credito Cooperativo di Civitanova Marche e Montecosaro, LORIBLU, Fondazione Cassa di Risparmio di Fermo, Guzzini Illuminazione.


Informazioni:
0733-891019 in orario ufficio, 0733-892650 in orario mostra.
Per prenotazioni visite guidate:
telefono e fax 0733-891019 in orario ufficio.
E-mail: info@pinacotecamoretti.it

Ufficio Stampa:
De Luca Comunicazioni, Roma
Tel. e fax 06/44237540
m.deluca33@virgilio.it


 

 


[Torna su] L'Eneide del Caro





Scrittore, poeta, commediografo, filologo, studioso autorevole, uomo sensibile ed eclettico della cultura rinascimentale italiana, Annibal Caro  lo ricordiamo anche per la traduzione dell’Eneide di Virgilio dal latino in un italiano armonioso e musicale che non mancò di procurargli le critiche feroci dei suoi contemporanei poco inclini verso quel personale e originale volgarizzare per rendere il testo antico più agevole e fluido, accessibile e per molti versi nuovo.
L’Eneide del Caro è riscritta come un romanzo moderno e questa mirabile versione fa di lui il primo, il più abile, fra i traduttori italiani e “riesce ad una sorta di prosa poetica del tutto adatta alla narrazione “ (Riccardo Scrivano, Ritratto di Annibal Caro”).
Il Caro non traduce, si abbandona a descrivere con grazia, rielabora, racconta e partecipa l’Eneide con pienezza e originalità.
La stampa anastatica dell’Eneide cariana, l’editio princeps, che uscì postuma nel 1581, grazie all’interessamento del nipote Lepido, che la dedicò al cardinale Farnese, è il modo migliore per celebrare il quinto centenario della sua nascita, preziosa occasione per dare luce e importanza all' intellettuale civitanovese, personaggio inquieto ed originale che ancor oggi rivela tutta la sua affascinante attualità.
Le celebrazioni in onore di Annibal Caro e questa particolare ristampa ci offrono il motivo per aprire di nuovo il dibattito sull’opera e la figura di Caro, promuovendo e aggiornando le ricerche perchè anche le opere meno note e i risvolti meno conosciuti della sua vita vengano indagati alla luce dei moderni studi critici. Non possiamo che rivolgere  vivissimi e sinceri ringraziamenti a quanti si sono attivamente adoperati con professionalità e slancio per la buona riuscita di questo progetto, in primis il Consigliere Regionale Ottavio Brini, presentatore della Legge a favore delle celebrazioni cariane (Legge Regionale n. 17 del 15 dicembre 2006), i componenti del Comitato promotore e del Comitato scientifico, la Pinacoteca Comunale  Marco Moretti, nella persona del Direttore Enrica Bruni  Stronati, l'Azienda Speciale Teatri di Civitanova, la Banca di Credito Cooperativo di Civitanova Marche e Montecosaro, il cui generoso intervento ha reso possibile la realizzazione di questo libro che segue e precede brillanti eventi culturali in omaggio ad Annibal Caro; figura che ha dato un contributo prezioso e attualissimo alla letteratura italiana moderna e contemporanea.
 
 
 
Il Sindaco di Civitanova Marche
Massimo Mobili
 
 
L'Assessore alla Cultura
Erminio Marinelli


 

 


[Torna su] Celebrazione V° centenario della nascita di Annibal Caro
"A far le lettere col compasso in mano" a cura del Professor Marcello Verdenelli





Domenica 15 novembre 2009, ore 17,30, presso il teatro storico Annibal Caro di Civitanova Marche Alta, presentazione dell'antologia critica delle lettere di Annibal Caro "A far le lettere col compasso in mano" a cura del professor Marcello Verdenelli.

Illustreranno il testo, oltre all'autore, i professori Giulio Ferroni (Università di Roma 1), il professor Riccardo Scrivano (Università Tor Vergata Roma), il prof. Stefano Papetti (Università di Camerino).

Verranno letti da Pietro Conversano brani tratti dalle lettere cariane.

Con uno sconto del 30%, in questa particolare occasione sarà possibile acquistare sia l'anastatica dell'Eneide, tradotta da Annibal Caro e pubblicata nel 1581, che "A far le lettere col compasso in mano".


Le celebrazioni in onore del nostro concittadino Annibal Caro proseguono con questo pregevole studio del professor Marcello Verdenelli, "A far le lettere col compasso in mano" che propone un' antologia delle Lettere Familiari che hanno scandito significativamente tutta la vicenda umana ed intellettuale dell'umanista marchigiano.

Scrittore, poeta, commediografo, filologo, uomo eclettico ed autorevole che ebbe riconoscimenti ed attestati di stima, ma anche feroci critiche da parte di alcuni suoi contemporanei.

Sogni e delusioni, vicende storiche e urgenze letterarie, si manifestano in mille e sfaccettate situazioni nelle ben 805 lettere, documenti unici ed eccezionali nel loro genere che ci danno il ricco e quanto mai attuale percorso culturale del Caro.

Questo libro, "A far le lettere col compasso in mano", che segue precedenti eventi culturali in omaggio ad Annibal Caro, contribuisce in maniera superlativa a mantenere vivo il dibattito sulla sua opera e sulla sua vita, non mancando di promuovere ricerche e studi a contributo della letteratura italiana moderna e contemporanea.

Rivolgiamo vivissimi e sinceri ringraziamenti al professor Marcello Verdenelli, alla dottoressa Enrica Bruni e a quanti si sono adoperati con professionalità e slancio per la buona riuscita di questo progetto, in primis il Consigliere Regionale Ottavio Brini, presentatore della Legge Regionale n. 17 del 15 dicembre 2006, a favore delle celebrazioni cariane.

Il Sindaco di Civitanova Marche
Dott. Massimo Mobili

L'Assessore alla Cultura
Dott. Erminio Marinelli